
Sono nata lo stesso anno in cui “Toy Story” usciva nelle sale cinematografiche americane e potrebbe anche darsi che questa sia una delle tante ragioni per le quali questa pellicola occupa uno spazio speciale nella mia memoria.
Primo lungometraggio Pixar e primo film d’animazione girato interamente in CGI, un vero e proprio successo al botteghino e a livello di riconoscimenti, apripista di una lunghissima serie di film, della stessa casa di produzione, altrettanto fortunati. Non è quindi difficile immaginare perché, a distanza di 3 anni, nel 1998, lo studio d’animazione californiano stesse lavorando proprio al sequel: Toy Story 2, ed è proprio in quelle circostanze che si è consumata la “tragedia”.
Come riportato dal direttore tecnico del film e dagli artisti presenti quel famigerato giorno, durante un lavoro di perfezionamento di alcune sequenze con protagonista il cowboy d’animazione Woody, a causa di un errore, lo staff ha assistito letteralmente alla graduale e inesorabile scomparsa di parti del personaggio, dei coprotagonisti, dei file nella directory e con essi del 90% di tutto il lavoro sino ad allora svolto. Ovviamente l’azienda eseguiva backup regolari su nastro, come d’abitudine all’epoca, peccato che non testasse altrettanto regolarmente l’integrità di quei nastri: tutto ciò è bastato per accertare l’ormai inevitabile compromissione del lavoro.
Ma ecco arrivare, dopo momenti di panico, il lieto fine degno di un classico Disney: il supervisore alla direzione tecnica del film a seguito della sua maternità stava lavorando da casa, la sua workstation non era stata intaccata dall’incidente. Grazie a questa vicenda a dir poco provvidenziale è stato possibile recuperare il materiale scomparso e procedere alla conclusione del film: i giocattoli di Andy sono finalmente al sicuro.

Tirato un sospiro di sollievo, cosa ci ha insegnato questo episodio riguardo il backup?
Fasciarsi la testa, sempre
Una strategia di backup funziona un po’ come una formula assicurativa, il più delle volte si ha l’impressione di pagare per niente ma se ne percepisce l’utilità soltanto nel momento del bisogno, quando ormai i danni sono stati fatti. Per prevenire gli eventi nefasti tuttavia non basta solo implementare una soluzione di backup, bisogna tenerla costantemente monitorata per accertarne il buon funzionamento, per ciò è utile avere qualcuno, anche in outsourcing, che abbia una visione chiara e aggiornata dello stato di salute dei propri sistemi.
Pianificare, pianificare, pianificare
Direttamente ricollegabile al punto precedente è quasi scontato ribadire che per essere completamente sicuri di non correre rischi in termini di perdita o compromissione dei dati è necessaria una strategia di pianificazione solida: si tratta di un processo valutativo in termini di risorse ed esigenze che inizia ancor prima dell’implementazione della soluzione di backup, meglio se svolto insieme a professionisti.
Evitare la caccia alle streghe: definire responsabilità e ruoli
Per una gestione ottimale delle informazioni è necessario che le aziende abbiano chiare responsabilità e ruoli, che sappiano dove e come vengono trattati e conservati i dati: molto utile nei casi di gestione degli incidenti ma altrettanto importante per lo svolgimento delle normali attività lavorative quotidiane.
Aspetti normativi e compliance
Oltre ai vantaggi che un buon sistema di backup può apportare a livello qualitativo generale della business continuity, la corretta conservazione dei dati aiuta aziende, professionisti e pubbliche amministrazioni a rispettare gli aspetti normativi vigenti.
Ad esempio l’articolo 32 del GDPR sancisce che sia necessario “mettere in atto misure adeguate per garantire la sicurezza dei dati”, in particolare impone di garantire integrità, riservatezza, resilienza e disponibilità dei sistemi che gestiscono i dati, tutti obiettivi realizzabili con il giusto supporto e i giusti strumenti.